La mostra esplora le contaminazioni creative e culturali – intervenute tra Europa e Giappone prevalentemente dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento – attraverso l’esposizione di un’accurata selezione di opere che di quei reciproci influssi testimoniano i passaggi fondamentali.
Accanto al già noto fenomeno del Giapponismo, ovvero il modo in cui l’arte europea di quel periodo ha recepito e reinterpretato il linguaggio espressivo e decorativo dell’arte giapponese, il percorso espositivo si sofferma soprattutto ad illustrare il processo opposto, definito da alcuni Occidentalismo, nell’ambito del quale anche l’oggetto più iconico della cultura del Sol Levante, il kimono, risente dell’influenza della cultura e dell’arte figurativa occidentale.
In esposizione una serie di dipinti, xilografie, cartoline d’epoca, stampe e tessuti provenienti sia da importanti collezioni private che da inedite raccolte del Museo, ma soprattutto i cinquanta kimono maschili e femminili appartenenti all’esclusiva collezione privata di Lydia Manavello, tutti databili al primo e secondo quarto del Novecento, realizzati in seta operata, ricamata o stampata. Questa straordinaria rassegna di opere testimonia con varietà e vivacità le straordinarie contaminazioni artistiche e stilistiche verificatesi in quei decenni tra Oriente e Occidente, con particolare riferimento alle innovazioni formali delle avanguardie europee come Futurismo, Secessione e Cubismo che, agli inizi del Novecento, modificarono profondamente il linguaggio decorativo tradizionale giapponese.
KIMONO – Riflessi d’arte tra Giappone e Occidente nasce dalla collaborazione con il Museo della Moda e delle Arti Applicate di Gorizia, istituzione che per prima ha dato visibilità pubblica a questa pregevole collezione privata, realizzando nel 2018 una bellissima mostra. Di quel progetto iniziale, la nuova mostra del Museo di Prato conserva il nucleo principale di opere, rilanciando il tema, amplificandolo e approfondendolo con nuove suggestioni e contenuti.
“La mostra rappresenta un omaggio che il Museo del Tessuto di Prato vuol rendere alla straordinaria perizia che caratterizza la secolare tradizione tessile del Paese del Sol Levante, offrendo ai nostri visitatori la possibilità di conoscere un ricchissimo patrimonio, altrimenti destinato alla fruizione esclusivamente privata”, dichiara il Presidente della Fondazione Museo del Tessuto Francesco Nicola Marini.
Il catalogo di 176 pagine è edito dalla casa editrice Antiga Edizioni con saggi di Francesco Morena, Roberta Orsi Landini, Raffaella Sgubin e Lydia Manavello oltre alle schede dei kimono esposti.
E’ a disposizione di ogni visitatore una APP gratuita, scaricabile su IOS e Android, utilizzabile su smartphone o tablet, adoperabile anche come web app scannerizzando un qrcode all’ingresso del museo.
Grazie alla particolare tecnologia dell’app, basta inquadrare le teche con la fotocamera del proprio cellulare per avere a disposizione una “assistente digitale” che, durante la visita, spiegherà i contenuti delle teche e degli oggetti esposti proprio come farebbe una vera guida professionale. I contenuti audio sono disponibili in italiano, inglese e spagnolo.
In oltre, per tutto il periodo è in programma un ricco calendario di iniziative per il pubblico adulto e delle famiglie con visite guidate, laboratori e altri appuntamenti che si susseguiranno fino a novembre, nati dal supporto dell’azienda Pontetorto e dalla collaborazione con Unicoop Firenze, LAILAC- Associazione Culturale Giapponese e IROHA – Associazione Nazionale per lo scambio culturale fra Italia e Giappone.
La mostra ha ricevuto il sostegno del Comune di Prato, nonché dei soci sostenitori Estra spa, Fondazione Cassa di Risparmio di Prato e Saperi Srl.
È inoltre sostenuta da: Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, dalla Regione Toscana, dalle oltre 30 aziende aderenti al Museo del Tessuto Supporter Club (Antilotex, Archè, Art Hotel Museo, A Zeta Filati, Brachi Testing Services, Centro Campionari, DHG, Enrico Pecci di Alberto Pecci e C., Frati Textiles, Giolica, Gruppo Colle, Hubic Marketing, Interporto della Toscana Centrale, Lanificio Bigagli, Lanificio Bisentino, Lido Barni, Lyria, Magniflex, Manifattura Forasassi, Marini Industrie, Mariplast, Marshbird, Nova Fides, Piumini Danesi, Pointex, Pontetorto, Rifinizione Nuove Fibre, Rifinizione Vignali, Tecnorama, Tessilfibre, Texmoda, Villa il Cerretino).
LA MOSTRA
PREMESSA
Dopo secoli di radicale isolamento e di svariate vicissitudini politiche e militari, in Giappone venne restaurato il potere imperiale e il paese si aprì finalmente al resto del mondo grazie all’Imperatore Meiji (regno 1868-1912) che concepì una serie di riforme che avrebbero cambiato ogni ambito, dalla tecnologia all’amministrazione dello stato, dall’educazione alla cultura.
Grazie all’arrivo sempre più massiccio di notizie e manufatti provenienti da quel paese, l’Occidente rimase ben presto sbalordito dal gusto elegante di quel popolo e dalla novità che rappresentavano i suoi costumi, la sua arte e il suo artigianato.
La consacrazione avvenne nel 1867 a Parigi, quando il Padiglione Giapponese allestito per l’Esposizione Universale ottenne lodi incondizionate. A subire maggiormente il fascino della cultura giapponese in quel frangente furono soprattutto gli artisti. L’arte nipponica fece la sua dirompente comparsa sulla scena in un periodo in cui nelle arti europee si sentiva l’esigenza di un radicale rinnovamento. Autori quali Manet, e poi Whistler, Monet, Degas e molti altri, erano alla ricerca di nuove vie per plasmare una pittura che scardinasse l’ormai stantia Accademia e che contemporaneamente fosse adatta a descrivere un mondo in rapidissima e sostanziale trasformazione.
IL PERCORSO
Il percorso si apre con una suggestiva animazione di due Nanban, ossia due coppie di paraventi istoriati a sei ante, realizzati da pittori di corte giapponesi alla fine del Cinquecento, che illustrano il primo contatto assoluto tra l’Occidente e il Giappone, avvenuto nel 1543 grazie allo sbarco di una flotta di navi portoghesi nell’arcipelago nipponico. Si tratta di alcune delle testimonianze visive più impressionanti del modo in cui i pittori giapponesi percepivano i primi europei che arrivavano in Giappone.
L’esposizione prosegue poi con la “seconda” scoperta del Giappone; siamo alla fine dell’Ottocento quando l’arte nipponica fa la sua dirompente comparsa sulla scena artistica europea dando luogo al fenomeno conosciuto come Giapponismo.
Attraverso un secondo video suggestivo, i quadri degli Impressionisti e poi dei post- impressionisti come Van Gogh e Gauguin, dialogano idealmente con le stampe giapponesi di Hiroshige (foto 1), Utamaro (foto 2) e Hokusai (foto 3), che divennero ben presto fonte inesauribile di ispirazione, assimilazione e rielaborazione da parte degli artisti occidentali grazie ai loro colori vivaci a campiture piatte, a inedite prospettive, ad una lettura diversissima del movimento dei corpi delle figure. In mostra il rarissimo Paris illustré. Le Japon del maggio 1886, famosa rivista francese, con in copertina una xilografia di Keisai Eisen che ritrae una splendida e sinuosa figura femminile in veste tradizionale giapponese, fedelmente ripresa da Van Gogh nel 1887 nel suo dipinto “La Courtisane”.
Sempre di Eisen si possono ammirare in mostra anche le xilografie policrome “Beltà che incede con l’ombrello” (foto 4) e “Giovane donna con kimono a motivo di ciliegio e obi a motivo di tartaruga”) (foto 5) insieme alla cortigiana di Kunimaru (“Cortigiana con uchikake a motivo di crisantemi”) (foto 6): tre esempi di figure femminili in posizione leggermente avvitata su sé stessa e avvolte da kimono dai motivi ricercatissimi geometrici o naturali.
In questa sezione anche alcuni tessuti giapponesi dalle collezioni del Museo, come il tessuto ottocentesco in seta con motivo a foglie di bamboo applicato su carta di gelso (foto 7) e il tessuto del tardo periodo Edo sempre in seta e carta di gelso argentata con motivo di farfalle e libellule (foto 8).
Contemporaneamente si assiste però anche al fenomeno inverso, l’Occidentalismo ovvero il fascino esercitato dalla modernità europea in Giappone, sia in termini di progressi scientifici e tecnologici, sia soprattutto in termini di costume e modo di vivere. La moda occidentale – emblema per eccellenza della modernità – affascinò in modo particolare la cultura nipponica, che in ambito tessile era legata a secolari rigide tradizioni sia tecniche che stilistiche.
In mostra una ricca sezione di stampe, cartoline, riviste che ritraggono donne giapponesi vestite alla moda europea (foto 9), ma soprattutto l’esposizione dei cinquanta kimono provenienti dalla collezione privata di Lydia Manavello cui è dedicata tutta le seconda parte della mostra.
I meravigliosi kimono, vero fulcro della mostra, sfilano uno accanto all’altro nella suggestiva sala a capriate del Museo.
Dopo una prima introduzione sulle complesse e straordinarie tecniche tessili e decorative tradizionali (nishiki, yuzen (foto 10), katagami, kasuri, shibori), i kimono sono esposti per isole tematiche, raggruppati per soggetti e motivi decorativi, per far meglio comprendere al pubblico come la cultura tradizionale giapponese abbia tratto ispirazione dai linguaggi delle avanguardie artistiche e del design tessile europei.
Un primo gruppo di kimono racconta come il tradizionale linguaggio decorativo e stilistico giapponese (tondi cinesi e chiave di Buddha (foto 11), motivo dei ciliegi in fiore, motivo delle nuvole (foto 12), motivo delle peonie solo per citarne alcuni) viene rivisitato alla luce degli influssi stilistici occidentali.
In questo contesto trovano collocazione gli oggetti del Museo che espone, in dialogo con gli abiti giapponesi, pagine di libri campionario di fine Ottocento di produzione francese, planche e figurini di moda (foto 11 bis e foto 12 bis) per sottolineare le connessioni e le influenze artistiche tra questi due mondi.
Un secondo nucleo, quasi tutti kimono da uomo, esprime il fascino per la modernità e il progresso attraverso l’introduzione di soggetti decorativi del tutto nuovi, come la nave, l’areoplano, lo sport (foto 13).
Il terzo e più cospicuo nucleo – e sicuramente il più affascinante – è il nucleo centrale che raggruppa ben 19 kimono degli inizi del Novecento. Oggetti unici, in seta operata, ricamata o stampata che testimoniano l’attrazione per le suggestioni stilistiche provenienti dalle avanguardie europee come Fauvismo, Secessione Viennese, Futurismo, Cubismo, Déco, che modificarono profondamente il linguaggio decorativo introducendo concetti come tridimensionalità, colori forti e violenti, forme astratte nel design tessile. (foto da 14 a 18)
I rimandi puntuali tra l’oggetto tessile e il dipinto sono demandati ad una terza istallazione multimediale.
Nicoletta Curradi
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